Pochi giorni fa ho condotto su Instagram un sondaggio, ho chiesto ai miei follower, maggior parte designer, se apprezzassero o meno lo stile grafico di David Carson. Pur avendo partecipato in pochi (25 persone, che ringrazio) ha vinto il No, per la cronaca solo il 33% ha votato Si.
Se qualche anno fa mi fosse stato proposto lo stesso sondaggio, il mio voto si sarebbe aggiunto ai tanti No. Con il tempo ho cambiato radicalmente il modo di vedere e vivere la grafica, l’esperienza mi ha permesso di essere meno impulsivo rispetto al passato e più critico, preferisco sempre dare una risposta che sia supportata da valide argomentazioni.
Oggi risponderei sicuramente di Si, lo stile di Carson mi piace, di lui apprezzo la voglia di ribellarsi a certi canoni visivi del passato, il coraggio di saper osare.
Mi piace tutto quello che ha fatto Carson? No, in alcuni suoi lavori certe composizioni tipografiche risultato per i miei canoni troppo estreme, ma è difficile trovare un designer di cui apprezzi l’intero operato. Una delle cose più importanti che ho imparato sulla grafica è il non avere pregiudizi, saper apprezzare il lavoro di designer con stili contrapposti tra loro, ognuno può insegnarti qualcosa. Ti può piacere il lavoro di Vignelli tanto quanto quello di Carson, uno non esclude l’altro.

David Carson appartiene a quella generazione di grafici formatasi durante gli anni ‘80, anni che rappresentarono la rottura con il passato. L’arrivo del primo Macinthos, capace di rivoluzionare il modo di creare e progettare, la nascita d’importanti Magazine, non più indirizzati a un pubblico maturo, ma rivolti a giovani e adolescenti, MTV, il Rap che entra di prepotenza nell’industria musicale, fino al crollo del muro di Berlino. In un panorama così giovane e di forte cambiamento è naturale capire il perché le nuove generazioni furono influenzati da quel tipo di cultura. Ciò che per i vecchi designer era perfetto (minimalismo e modernismo) risultò sterile e noioso ai nuovi, i quali non si sentivano più rappresentati da quell’estetica. Questi giovani designer ebbero una visione del futuro, stravolsero i vecchi canoni estetici, andarono contro alle ideologie insegnate all’interno delle scuole e accademie di design, contribuirono per primi alla nascita di uno stile che sta alla base della grafica digitale odierna.

Il contesto in cui si nasce e cresce influenza le persone, il loro modo di vivere ed operare.
David Carson iniziò praticò fin da giovane il Surf a livello professionistico e questa sua passione influenzò la sua vita da designer, come furono il Jazz e le corse d’auto per un altro grande grafico a artista del passato, Max Huber.
Nel corso della sua carriera Carson ha lavorato per numerosi magazine che trattano argomenti legati al Surf, Skateboard, Musica, ma anche moda giovanile, come il magazine americano Ray Gun.

La vicinanza di David Carson al mondo della Street Art è visibile in molti dei suoi lavori, la strada lo ha dottrinato più di qualsiasi altra scuola. Ha portato a un livello successivo l’uso della tipografia, che nella sua visione non è più solo un mezzo per comporre un testo, ma diventa puro elemento grafico. Questo concetto negli anni ‘80 non era del tutto nuovo, già alla fine degli anni ’60 il celebre designer Albe Steiner aveva identificato nella tipografica l’utilizzo puramente grafico, u proprio Steiner a capirne per primo la potenzialità, ma erano tempi ancora poco maturi, legati a principi sul design ben precisi e rigidi, dovuti anche ai tanti limiti tecnologici.

Designer come Carson conoscono perfettamente il passato e le regole e proprio per questo motivo possono permettersi di romperle, di andare oltre per creare qualcosa di nuovo. Oggi lavori che utilizzano questo stile, denominato da qualcuno Free Graphic, ce ne sono tantissimi, ma prima degli anni ’80 nessun designer avrebbe mai immaginato questo tipo di grafica, superficialmente, priva di principi e regole, insomma sarebbe stato un vero e proprio oltraggio.
Loro, i designer degli anni ’80, ebbero il coraggio di guardare oltre, una dote oggi assai rara, soprattutto in Italia dove il non aver saputo osare ci ha portato in un loop infinito di cose già viste e fatte e dove i designer del passato, quelli pre anni ’80, sono diventati divinità d’adulare e mai contraddire.

Ma Carson ha portato nella grafica qualcosa in più, qualcosa che era rimasto rilegato nel mondo dell’arte, l’uso del collage come mezzo estetico. Molti di questi collage sono stati utilizzati per progettare le cover degli album musicali, poster, ma anche copertine dei riviste. Questi lavori non hanno una funzionalità, non sono creati perché devono trasmettere un certo messaggio, sono strumenti estetici che raccontano determinati periodi storici o squarci di vita. In tanti oggi utilizzano questa tecnica in grafica e il merito è anche di Carson.

Poi c’è il David Carson più minimal e commerciale, ma qui ancora una volta entra in gioco il contesto. Carson ha realizzato alcuni cartelloni per famose aziende come Samsung, Bose e Nike, con lo scopo di pubblicizzare i loro prodotti. Mentre Samsung e Bose richiedono un design pulito e minimal, come quello che Carson ha realizzato per l’advertising dell’S8 qualche anno fa, la Nike gli ha permesso di osare, ed è proprio per la Nike che ritroviamo uno stile nuovamente vicino alla Street Art, stile che sembra richiamare i tanti piccoli campi da Basket sparsi per i quartieri americani.


Se prendiamo in esempio la pubblicità dell’S8 e la paragoniamo con quella della Nike sembrano essere realizzate da due designer diversi. Pertanto possiamo dire che il contesto è una causa, il sapersi adeguare dinanzi alla tipologia di cliente che si ha difronte è un dovere da parte di ogni designer che si rispetti.
Ci sono lavori in cui Carson ha veramente estremizzato i propri principi. Un esempio è la locandina che ho inserito sotto questo paragrafo, progettata per pubblicizzare un workshop di grafica. Le info dell’evento sono scritte in piccolo, utilizzando una tipografia poco lineare e difficile da individuare subito. Anche qui entra in gioco il contesto, è un manifesto creato per essere fruito da altri grafici, i quali possono essere interessati a questo tipo di stile.

Quattro anni 4, nel 2016, fu chiesto a David Carson l’arduo compito di ripensare il celebre I Love New York di Milton Glaser, recentemente scomparso all’età di 91 anno.
È impossibile riuscire a realizzare qualcosa che possa rimpiazzare un simbolo così famoso, forte e iconico come quello progettato da Glaser. Lo stesso Carson ha pubblicato recentemente un post suo suo profilo Instagram spiegando quando fosse stato difficile lavorare a questo progetto, ma che comunque si divertì a mettersi in gioco e a sperimentare. Il lavoro ebbe molte critiche da parte dei tanti designer nel mondo, ed è ovvio considerando l’importanza che ha ancora oggi il simbolo di Glaser.

Il Post di David Carso su Instagram
Ne risultò un marchio, in più versioni, che a mio avviso non è del tutto da scartare, pur non raggiungendo la riconoscibilità e la forza comunicativa dell’originale. Di questo lavoro apprezzo soprattutto la versione con il cuore in grande alle spalle delle lettere iny e la versione con la scritta eye love new york, quest’ultima ideale se applicata su vari merchandising come magliette, borse, felpe e altro ancora. È da apprezzare anche il gioco della parola eye la cui pronuncia in inglese è I, il cui gioco ricorda il rebus realizzato da Paul Rand per IBM.


Pur essendo quello di Glaser un simbolo insostituibile, la sua estetica, dettata principalmente dall’uso del carattere American Typewriter, ha iniziato a fare i conti con il tempo e quasi sicuramente arriveremo a un restyling in cui gli elementi che lo compongono rimarranno invariati e a cambiare sarà solo il font, ma ne parlerò più approfonditamente in un altro articolo.

Ho condotto pochi giorni fa un secondo sondaggio, stavolta nella vita reale, chiedendo ad alcune persona di varia età e sesso, non designer, un parere su i lavori di Carson, gli stessi che ho messo in questo articolo. Stavolta su venti votanti hanno vinto i Si, con un distacco minimo del 15% dai No.
Alla domanda:
vedendo per strada o in giro questo lavoro, ti fermeresti ad osservarlo pur non sapendo di cosa tratti?
Ne è emerso un sorprendente dato, molti che avevano votato No hanno dichiarato che probabilmente si sarebbero fermati perché, piaccia o meno il lavoro, l’impatto visivo è presente.
E a voi lo stile di David Carson piace?



