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È uno di quei post blog difficili da scrivere.

Ho provato a lasciar fuori l’emotività, ma non del tutto: sarebbe stato impossibile. Questo tema mi tocca in prima persona, ma so che riguarda tanti altri designer li fuori.

Negli ultimi due anni ho ascoltato le storie di colleghi che mi hanno confidato le loro esperienze, spesso segnate da frustrazioni e delusioni. Alcuni erano sopraffatti, altri in pieno burnout, altri ancora talmente sfiduciati da pensare seriamente di lasciare la professione.

Nei miei 15 anni di carriera, mi è capitato due volte di ritrovarmi in contesti lavorativi pesanti e tossici. In una di queste, ho iniziato a pensare che ci fosse qualcosa di sbagliato in me. Ho perso fiducia, non solo negli altri, ma anche in ciò che amavo fare. Non riuscivo più nemmeno ad aprire un libro di grafica, nonostante la libreria ne fosse piena. Avevo perso ogni tipo di stimolo.

Era una guerra silenziosa con me stesso e la cosa peggiore è che ci ero finito per paura. Avevo paura dell’instabilità, paura di non riuscire a sostenere i cambiamenti che stavano investendo la mia vita in quel periodo. Così, ho accettato una proposta che, sulla carta, sembrava perfetta. Pensavo di conoscere quell’ambiente, di sapere cosa aspettarmi. Ma mi sbagliavo.

Più passava il tempo, più venivo risucchiato dalle sabbie mobili della paura e dell’incertezza. Niente di quello che avevo costruito fino a quel momento sembrava più contare. Sentivo che la mia carriera da designer fosse al capolinea.

Durante le ferie estive, in mezzo a questo caos interiore, andai a trovare mia cugina a Modica. Un giorno mi portò in una piccola libreria, specializzata nella vendita di libri di arte, fotografia e design. Ricordo bene il vuoto che avevo dentro: se prima mi sarei sentito esaltato alla vista di tutti quei libri, adesso non provavo nulla.

Poi, per caso, vidi un volume: Ostinata Bellezza di Luca Pitoni (Tomo Tomo Studio), dedicato ad Anita Klinz, la prima art director italiana. Mi incuriosiva, ma dentro ero ancora in tempesta. Mia moglie, vedendomi con il libro in mano, mi disse:

“Prendilo, chissà, magari lì dentro troverai le risposte che cerchi.”

 E fu così, in quelle pagine ritrovai una similitudine con le tante difficoltà che stavo vivendo. Qualcosa dentro di me iniziò a muoversi. Presi coscienza che l’unico in grado di tirarmi fuori da quella situazione ero io.

Oggi, a distanza di tempo, quell’uragano è passato. Sono tornato con la voglia di fare che avevo prima, e ora, con più lucidità, riesco ad analizzare meglio quel periodo.

Vorrei condividere alcune riflessioni, con la speranza che possano essere d’aiuto a chi sta attraversando un momento simile. Le ho sintetizzate in 20 punti.

1. Non siete voi a essere sbagliati, probabilmente siete solo finiti nel posto sbagliato.

2. Non seguite il maggiore guadagno. La qualità della vita, la serenità in ciò che fate non ha prezzo.

3. Durante un colloquio, credete a un quarto di ciò che vi viene promesso. Un po’ di sano pessimismo aiuta, soprattutto in Italia.

4. Non tenetevi tutto dentro. Non abbassate la testa. Non permettete a nessuno di mettervi anelli al naso. pensatevi liberi, anche da dipendenti. Questo è il più grande insegnamento lasciatoci da Bob Noorda.

5. Leggete attentamente il contratto di assunzione, magari anche a qualcuno con più esperienza, per essere sicuri che sia tutto conforme a gli accordi presi a voce.

6. Siate sempre voi stessi, anche se questo significa non piacere a tutti.

7. Non paragonatevi agli altri. Molti vivono nel burnout costante, sorridono davanti al capo e sognano la fuga, ma la paura li blocca in un loop nel quale voi dovete scappare.

8. Non esiste “siamo come una famiglia” nel lavoro. Lasciate agli altri il “Volemose bene”, “We are” e altre cazzate simili. Siate professionisti, pretendete di essere trattati semplicemente come tali e voi impegnatevi nel dimostrare di esserlo.

9. Troverete chi va avanti solo grazie alla lingua consumata. Non fatevene una malattia, il mondo va così da sempre. Mostrate il vostro valore li fuori, prima o poi qualcuno se ne accorgerà.

10. Non annullatevi per un’azienda. Costruite la vostra identità, fatevi conoscere come individui.

11. Il lavoro da designer impiegato ha una scadenza. Dopo i 40 anni, ma anche prima, il mercato cambia opinione nei vostri confronti, per quanto possiate essere bravi e di talento. Siate pronti a essere freelancer o a fondare il vostro studio.

12. Avere anni di maggiore esperienza non rende nessuno migliore di voi. Gli anni non fanno la qualità. Se qualcuno ve lo fa pesare il motivo è semplice, sono loro stessi insicuri di ciò che stanno facendo e si aggrappano a l’unico dato certo che hanno tra le mani.

13. In ogni azienda c’è una piramide, anche se vi dicono il contrario. Assicuratevi solo che i designer non stiano alla base di essa.

14. Non temete il cambiamento. Se sbagliate posto, anche più volte, ritentate. Demoralizzarsi mai.

15. Se possibile, prima di farvi assumere informatevi bene su un’azienda. Contattate ex dipendenti, solitamente sono quelli più propensi a parlare della propria esperienza. Lo avessi fatto prima, avrei evitato molti problemi.

16. Non è il troppo lavoro a stancare, ma il vivere senza sogni. Le piccole soddisfazioni sporadiche non bastano, se vivete nel malessere, quelle soddisfazioni risulteranno gocce limpide che finiscono in un mare di melma.

17. Alcuni posti sono tossici per voi, ma perfetti per altri. Questo non vi rende più o meno meritevoli di altri colleghi.

18. Se il team non ha il coraggio di parlare dei problemi con i superiori, non fatevi portavoce del malessere altrui, perché vi lasceranno soli, possibilmente ceneranno fuori la sera stessa con chi criticano aspramente alle spalle. Se avete un qualche malessere personale parlate sempre a vostro nome.

19. Cercate posti che non vi costringano a stare 8+ ore seduti in ufficio, 5 giorni su 7. Nel 2025 la creatività ha bisogno di maggiore equilibrio vita-lavoro, non siete operai, ma creativi.

20. Il più importante: imparate a volervi bene. Apprezzatevi. C’è vita oltre il lavoro. Circondatevi di affetti veri e tutto ciò che vi fa stare bene. Non siete soli a combattere questa guerra, ma siete i soli che possono tirarsi fuori dal burrone. Nessun altro.

20+1 (Bonus). Non importa quanto siete bravi, talentuosi o se avete tanti anni di esperienza alle spalle, nulla vi tutela del tutto nel finire in posti che sono lontani dai propri ideali o dal modo di progettare che ha ognuno. Potete essere Micheal Jordan se messi nei Chicago Bulls degli anni 90′ o giocatori di basket pulcini se messi nella squadra sbagliata. Quindi non sottostimatevi se le cose non vanno bene e non sovrastimatevi se vanno bene. Siate sempre voi stessi e cercate le stelle se attorno avrete buio, ma non restate mai fermi a subire gli avvenimenti.

Tempo fa ho aperto una gmail per chiunque volesse un qualche supporto morale o semplicemente una pacca sulla spalla:

contocomecreativo@gmail.com

Non sono uno psicologo, né voglio sostituirmi a chi fa questa professione. Ma sono qui per ascoltare, per far sentire meno sol* chi ha bisogno di parlare. Risponderò volentieri a chiunque vorrà scrivermi, nei limiti delle mie possibilità.