Quante volte vi è capitato di vedere un progetto grafico che, per quanto stilisticamente ben fatto, non vi ha lasciato nulla? E al contrario, progetti lontani dai vostri gusti estetici, ma capaci di imprimersi nella mente?
Scrollando ogni giorno tra social e portfolio+ vari, mi imbatto in centinaia di lavori. Molti sono belli, curati, con font moderni e stili di tendenza. Ma spesso manca qualcosa. Quella cosa che io chiamo fattore H – H come Human.
Cos’è il fattore H?
È ciò che distingue un progetto ben fatto da uno che rimane impresso. Qualcuno potrebbe pensare che sia legato solo all’impatto emotivo, e in parte è vero – soprattutto per grafiche che trattano temi sociali o cercano di sensibilizzare. Ma non è solo questo.
Il fattore H è ciò che ci rende umani. È quello che ci distingue dalle macchine, dalle automazioni, dalle AI. È qualcosa di più profondo, quasi spirituale. Tutti lo possediamo, ma non tutti riescono a esprimerlo nei propri progetti. C’è chi lo alimenta ogni giorno e chi, per mille motivi – ricerca di consensi, trend, profitto – lo mette da parte.
Il design non è pura razionalità, anche se spesso ci viene raccontato così. Non lo è mai stato. Nemmeno quando la tecnologia limitava i graphic designer del passato: ognuno metteva qualcosa di sé in ciò che faceva.
Un esempio eterno
Il poster PACE di Albe Steiner, stampato 68 anni fa, ne è la prova. Nessun colore, nessun suono, nessun movimento. Solo una foto d’impatto e la scritta: PACE. Nessun trend, nessuna estetica accattivante. Eppure è immortale. Trasmette emozione, malinconia, è silenzio assordante. Qui il fattore umano è fortissimo, e proprio per questo ha un impatto che ancora oggi supera quello di tante grafiche odierne.

Il fattore H è ovunque
Il fattore Umano alimenta la creatività, la fantasia, nutre mente e corpo. Non vive solo nel design o nell’arte visiva, ma anche nella musica, nello sport, nella scrittura – in tutto ciò che nasce dall’essere umano.
Ogni designer ha il proprio vissuto: esperienze, hobby, emozioni. Tutto questo può riflettersi in una semplice grafica. E si vede. Sempre.
I migliori designer sono quasi sempre persone sensibili, capaci di trasmettere sé stessi in ciò che fanno. Non sono solo freddi progettisti, ma anche artisti, diversi da chi crea arte pura fine a se stessa, ma simili nell’anima.
L’importante è non dimenticare mai lo scopo del design: risolvere problemi attraverso la progettazione. Dimenticarsi di questo basilare concetto si rischia di allontanarsi troppo dal design, perdendosi nella trappola dell’ego.
Conclusione
Mettete sempre qualcosa di vostro in ciò che create: passioni, sensibilità, empatia.
È questo che farà la differenza tra un design che funziona e uno che rimane impresso nella mente del fruitore.